Skip to main content

Una giornata con la testa tra le nuvole: il viaggio [parte 2 di 3]

Una giornata con la testa tra le nuvole: il viaggio [parte 2 di 3]

Siete arrivati qui senza aver letto la parte 1? Presto! Rimediate subito!

Milano ✈️ Doha

Non è il singolo volo più lungo della mia vita, ma è la prima volta che volo con Qatar Airways: mentre passo la zona Business/Premium (a proposito: sono il solo a pensare che le compagnie di volo abbiano coscientemente deciso di fare passare gli Economy attraverso l’area Business/Premium per fargli rendere conto di cosa si perdono?), inizio ad avere una vaga impressione di quanti soldi il Qatar abbia effettivamente. Voglio dire, abbiamo visto tutti i mondiali di calcio, ed abbiamo tutti visto l’opulenza di quelle cattedrali nel deserto (letteralmente) con aria condizionata, però – almeno nella mia testa – il Qatar rimane(va) uno sputo di terra arida al lato dell’Arabia Saudita, e Doha il fratello un po’ monco di Dubai. 

L’aereo ha subito soffiato via il benché minimo dubbio: musica di sottofondo rilassante, posti larghi, schermi enormi con touch funzionante, cuffie vere che non venivano dall’era analogica e coperta e cuscino che non erano fatte di scottex e hostess che non sembravano costrette a scorpacciate di lexotan per sostenere i turni di lavoro. 

Mentre l’aereo avvia i motori, io ripasso mentalmente il piano: l’aereo parte alle 16:00, arriva a Doha alle 22:00, riparte alle 02:40 e arriva a Shanghai alle 16:40, ora locale. Sei ore di fuso orario. Calcoli alla mano, addormentandomi da entro un’ora dalla partenza, fino all’arrivo e poi dormendo per le prime due ore del secondo volo, avrei rispettato per quanto possibile la time-zone cinese e avrei sconfitto il jetlag. L’unica roba che mi restava da fare a quel punto era dormire bene la prima notte, ed il gioco sarebbe stato fatto.  

Bene, segnatevi questo dettaglio perché tornerà utile alla fine del post. 

La mia vita è segnata da una sensibilità estrema ai letti su cui dormo: il letto è troppo pesante? O troppo molle? Cuscino troppo basso? Troppo duro? Fantastico: il giorno dopo mi sveglio con la zona lombare e/o cervicale bloccata e invecchiata di trentacinque anni. Questo vale per ogni situazione di sonno, ECCETTO gli aerei. 

Gli aerei sono il mio posto rosa dove non c’è spazio per sedili scomodi, turbolenze o social media manager di Ryanair: io mi siedo, mi guardo intorno, e collasso. Poi ad un certo punto sento quell’odore caratteristico di cibo da aereo, mi sveglio, mangio e poi collasso di nuovo. C’è qualcosa di magico nel dondolio di un aereo in volo, il calduccio della coperta plasticosa in dotazione e l’aria consumata che mi riporta ad una sorta di tranquillità intra-uterina. 

Tutto questo preambolo per dire che il primo volo va bene: dormo come un sasso e vengo svegliato solo dal cibo: del cavolfiore tritato acidino abbastanza dimenticabile, del manzo MORBIDISSIMO con riso speziato, la focaccina che ha riscritto la regola che dice che sia impossibile fare un pane di cattivo sapore ed il perfetto incrocio tra creme caramel e panna cotta ai lamponi. 

Cena abbastanza mediocre, ma sufficiente a darmi le energie per trascinarmi al bagno. Mentre torno al mio posto, rivedo seduta la vecchia tartaruga del sud-est asiatico che mi aveva accompagnato nell’ultimo pasto con Chiara e i genitori: nei suoi occhi lo stesso vacuo che la caratterizzava prima. Adorabile e per nulla inquietante.  

Torno nella mia cuccia e muoio per un altro paio d’ore.  

Apro gli occhi a Doha.  

Il Qatar e il secondo volo

Scendo dall’aereo e vengo investito da una raffica di vento: trenta gradi, ottantacinque percento di umidità. Respiro una bella boccata di vapore e mi butto nella navetta di collegamento che guida, guida, guida e poi guida – ci avrà messo dieci minuti di strada tanto è grosso l’aeroporto. 

Intanto, cercando in tasca trovo il lucchetto malevolo del viaggio verso Malpensa, e ricomincio il certosino lavoro di girare tutti i risultati. Catarsi ha permesso che la combinazione corretta l’abbia trovata tre secondi prima che la navetta giungesse a destinazione. 8-0-0. Ottocentouno tentativi da 0-0-0.  

Appena messo piede dentro l’Hamad International Airport, capisco di non aver mai visto niente di simile. Ho viaggiato molto in occidente, sia in Europa che in Nord America, ma non mi era mai capitato di mettere piede in oriente: l’impatto è stato devastante. 

Ogni singolo aspetto di quell’aeroporto era stato pensato per trasmettere l’idea del lusso. Dalle innumerevoli food court, agli interminabili duty free, da una navetta che collegava i vari gate (cosa già vista a Newark, ma nulla di paragonabile per silenziosità e integrazione nell’intera architettura) a un intero giardino costruito nel centro dell’area C.  

C’era di tutto per farti capire che eri in un posto speciale, costoso e mussulmano: brand di lusso si alternano con soluzione di continuità ad un numero indefinito di moschee. 

Il mio obiettivo qui era quello di camminare il più possibile, trovare qualcosa di sostanzioso da mangiare e stancarmi il più possibile, per collassare il prima possibile sul secondo aereo.  

Conscio di partire da un preconcetto mostruoso, la prima cosa a stupirmi sono i prezzi. Non avevo vagliato in fase di preparazione che avrei avuto fame tra i due voli: Doha era soltanto un apostrofo rosa tra le parole Casa e Viaggio della vita. Non sapevo nemmeno quale fosse la valuta corrente, ma ci ho messo poco a capire che spendere 16 euro per un piatto di biryani in un aeroporto era fuori questione.  

La missione si è brevemente trasformata in “troviamo un posto dove mangiare con meno di dieci euro”, e alla fine, dopo un lungo peregrinare, la mia scelta è caduta su un paninazzo mediorientale ripieno di agnello tritato e speziato da morire.  Poco meno di dieci euro, ed incluso con il panino c’era anche un adorabile lungo pelo canuto. Tutto molto saporito, meno il pelo. 

Dopo aver mangiato viene annunciato il nuovo gate: C24. Il primo pensiero è: “ah, molto simile al mio posto a sedere 26C: ottimo! Andiamo a sedere al gate C26”.  

Arrivo sul posto (il gate più nascosto di tutto l’aeroporto) e mi accomodo: mancano due ore alla partenza, sicuramente sono il primo a sedere qua.  

Mi metto comodo e inizio a scrivere l’incipit di questo post, conscio che tra poco arriverà una fiumana di passeggeri a farmi compagnia. 

Passa il tempo: scrivo il primo capoverso, poi il secondo, poi termino il primo paragrafo e poi tutto l’incipit. Lo rileggo, lo ritaglio e lo riscrivo. Poi alzo la testa: 1.40. L’aereo parte tra un’ora e non si è ancora visto nessuno? Uhm, strano. Fammi vedere l’applicazione cosa dice. 

PANICO. 

Raccolgo tutto l’equipaggiamento informatico che avevo tirato fuori per mettere in carica, lo butto nello zaino senza mezzo complimento e mi fiondo al gate C24, giusto in tempo per l’inizio dell’imbarco. 

Mi metto comodo in coda e la prima cosa che mi salta all’occhio è che ci sono molti arabi (ovvio, siamo in Qatar), ma ancora di più i cinesi. Poi vedo il riquadro del boarding: destinazione di arrivo: Pudong International, Shanghai. 

oh_shit_this_is_happening.jpeg 

Un altro torrione crolla dal castello della negazione. Sta succedendo: sto partendo per il Viaggio. Sta veramente succedendo: è lì, ho già fatto tutto il lavoro necessario per arrivarci, devo solo farmi trasportare dall’aereo dall’altra parte e tutto può finalmente avere inizio.  

Quello che succede durante il volo, arrivati a questo punto, è davvero trascurabile. Prendo posto al 26C, crollo, mi risveglio per il cibo (più dimenticabile del precedente pasto, se non per il fatto che la portata principale erano dei noodles conditi con degli wanton piccanti), mi dico che ora devo resistere, ma non ci riesco e crollo.  

Passo praticamente l’interezza del viaggio in dormiveglia e mi sveglio veramente solo quando iniziano gli annunci dell’atterraggio. Tra me e me penso che sono fottuto. Mi ritornano i flashback del viaggio in America e dei tre giorni necessari per acclimatarmi all’ora di Chicago, mentre mi svegliavo ogni giorno alle 4 del mattino per poi crollare alle 19.

Ancora non vi siete stancati?
Nella parte tre atterro! 🛬


Comments (1)

I commenti sono chiusi.